Comunicato: Comunità LGBTQI+, Chiese conservatrici e Sacramento della Riconciliazione
I messaggi ricevuti in queste ore ci spingono a condividere una riflessione sul sacramento della Riconciliazione, in particolare quando chi vi si accosta appartiene alla comunità LGBTQI+.
Riteniamo che il Sacramento sia un' occasione per essere ascoltati e accolti, non giudicati malamente.
In particolare, il presbiterio non ha nessun diritto di fare domande intime relative alla vita affettiva, sessuale e familiare, soprattutto se incoerenti con la confessione appena ascoltata. La curiosità morbosa per questi aspetti non dovrebbe trovare posto in un ministro del culto.
Il matrimonio è una vocazione, con la stessa dignità del ministero ordinato, non può essere svilito a prodotto da sponsorizzare. Il matrimonio, come qualsiasi vocazione, è l'invito di Cristo ad una vita piena e felice. Certo, ogni vocazione ha le sue difficoltà, ma non crediamo in un Dio che invita i propri figli a mentire a sé stessi mediante matrimoni di copertura.
L'idea dell' incastro perfetto è un concetto dozzinale, esplicitamente creato per delegittimare le relazioni omosessuali.
Da anni sentiamo parlare di "pericolo gender", uno spauracchio creato per danneggiare la comunità LGBTQI+. Purtroppo, le realtà conservatrici non hanno mai accolto l'idea che l'omosessualità sia una variante naturale della sessualità e questo permette che possa essere ancora considerata un peccato o qualcosa contro cui combattere.
Ci dispiace molto venire a conoscenza di tali abusi psicologici e spirituali e, limitatamente alle nostre possibilità, siamo sempre lieti di accogliere chiunque in confessione, garantendo presbiteri capaci, delicati e accoglienti.
- Comunicato ufficiale della Chiesa Vetero-Cattolica Riformata