Oscar Arnulfo Romero y Galdámez, uno dei più importanti martiri del Cattolicesimo universale del XX secolo, è diventato un simbolo globale di lotta per la giustizia sociale, di denuncia contro l’oppressione e di coraggio di fronte alla violenza.
Oscar Romero nacque il 15 agosto 1917 nel piccolo villaggio di Ciudad Barrios, situato nella zona montuosa di El Salvador. Cresciuto in una famiglia povera ma profondamente religiosa, Oscar mostrò sin da giovane una grande inclinazione per la spiritualità. La sua educazione familiare lo portò ad avvicinarsi al sacerdozio, e già a 13 anni entrò nel seminario minore di San Miguel. Il cammino religioso di Romero non fu solo una scelta personale, ma anche una possibilità di ascesa sociale, in un paese in cui il sacerdozio rappresentava una delle uniche strade per migliorare la propria condizione. Romero fu ordinato sacerdote nel 1942 e, dopo aver proseguito gli studi a Roma all'Università Gregoriana, tornò in El Salvador, dove iniziò a esercitare il suo ministero pastorale. Per i primi anni della sua carriera religiosa, Romero si mantenne fedele alla tradizione della Chiesa, predicando un messaggio di spiritualità che non toccava mai questioni politiche o sociali. Questo atteggiamento, purtroppo, avrebbe portato alla sua iniziale disconnessione dalle problematiche reali che la maggior parte della popolazione salvadoregna stava vivendo.
Nel 1967, Romero fu nominato segretario della Conferenza Episcopale di El Salvador, un ruolo che lo mise in contatto diretto con la realtà sociale e politica del paese. Durante questo periodo, iniziò a rendersi conto delle enormi disuguaglianze che esistevano nella sua nazione, segnate da un sistema economico che favoriva un'élite di latifondisti e da una crescente repressione da parte del governo contro i gruppi popolari e sindacali. Tuttavia, non fu fino alla sua nomina a vescovo ausiliare di San Salvador, nel 1970, che Romero si trovò veramente di fronte alla realtà della povertà e dell’oppressione. La sua esperienza a Santiago de María, dove fu nominato vescovo nel 1974, fu decisiva. In questa diocesi rurale, Romero entrò in contatto con i contadini poveri, i cui diritti venivano sistematicamente ignorati. Qui, egli vide con i propri occhi la brutalità dello sfruttamento e della violenza imposta dallo Stato, che usava i paramilitari per mantenere l’ordine e proteggere gli interessi degli agrari. Le sofferenze dei contadini lo segnarono profondamente e divennero la spinta per il suo cambiamento di prospettiva.
Il punto di svolta definitivo nella vita di Romero fu l'assassinio del suo amico padre Rutilio Grande, un gesuita che lavorava tra i poveri e che aveva scelto di seguire la via della teologia della liberazione. La morte di Rutilio, avvenuta nel marzo del 1977, sconvolse profondamente Romero. Grande era stato un sostenitore delle cause sociali e della lotta contro le disuguaglianze e la sua morte a causa dell’azione violenta degli squadroni della morte segnò l’inizio di un cambiamento radicale nel pensiero di Romero. Dopo l’assassinio di Rutilio Grande, Romero assunse una posizione decisamente più coraggiosa. Iniziò a denunciare pubblicamente la violenza del governo e l’oppressione dei poveri. Le sue omelie settimanali, trasmesse in radio, divennero uno strumento di denuncia e di mobilitazione. Romero non si limitava a predicare la speranza cristiana, ma si fece voce dei senza voce, difendendo apertamente i diritti dei contadini e dei poveri, e criticando le alleanze tra il governo e l’élite economica.
Nonostante il suo coraggio e il suo impegno, Romero si trovò spesso isolato dentro la Chiesa. I suoi discorsi e la sua attività pastorale lo resero impopolare non solo tra i settori più conservatori della società salvadoregna, ma anche all’interno della stessa Chiesa cattolica. La Chiesa di Roma, pur essendo ben consapevole delle difficoltà politiche e sociali in El Salvador, non sostenne mai pubblicamente Romero. La sua attività divenne scomoda per il Vaticano, che non volle esporsi a critiche politiche per il timore di compromettere i suoi legami con il regime salvadoregno. Sebbene alcuni membri della Chiesa esprimessero sostegno, la leadership ecclesiastica sembrava più preoccupata di mantenere l'ordine interno e la sua posizione politica piuttosto che proteggere il diritto alla libertà di espressione e alla giustizia sociale che Romero stava difendendo. La situazione raggiunse un punto critico quando il Vaticano, pur riconoscendo il valore della missione di Romero, non si oppose in modo deciso alla sua morte. Nonostante il sacrificio eroico di Romero, che si stava battendo per i più poveri e oppressi, la sua figura fu oscurata per lungo tempo, soprattutto da parte di chi, nella Chiesa, vedeva il suo impegno come troppo "politico" e troppo radicale.
Il 24 marzo 1980, mentre celebrava la Messa nella cappella dell’Ospedale della Divina Provvidenza, Oscar Romero fu ucciso da un colpo di arma da fuoco sparato da un sicario. Il suo assassinio fu il culmine di una lunga campagna di intimidazioni e minacce contro di lui. Il suo sacrificio divenne il simbolo della lotta contro la repressione e l’oppressione. Il suo funerale, che vide una partecipazione di oltre 250.000 persone, fu interrotto bruscamente quando l’esercito aprì il fuoco sulla folla, uccidendo decine di fedeli. Il martirio di Romero suscitò una reazione di profondo dolore e indignazione, ma anche di speranza. Il suo messaggio di giustizia, amore e solidarietà continuò a ispirare i movimenti sociali in tutto il mondo. Tuttavia, la Chiesa di Roma rimase per molto tempo silenziosa, nonostante le numerose richieste di giustizia da parte di coloro che lo consideravano un martire per la causa della giustizia sociale.
Nel 2015, la Chiesa di Roma riconosce il suo martirio come atto di fede e di amore per i poveri, solo dopo decenni di silenzio e resistenza da parte della Chiesa. La sua canonizzazione fu un atto che segnò la fine di un lungo processo di riconoscimento della sua santità, ma il ritardo fu emblematico del conflitto che aveva vissuto con la Chiesa di Roma.
La sua vita e il suo martirio sono testimonianze di una profonda fede che non si accontenta di una spiritualità passiva, ma che si impegna attivamente contro le ingiustizie. Tuttavia, il suo cammino non è stato privo di difficoltà, specialmente nel suo rapporto con la Chiesa di Roma, che lo abbandonò in modo vergognoso, nonostante il suo martirio a favore dei più poveri e oppressi di El Salvador.
Bibliografia
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Romero, O. (1980). Le omelie di monsignor Romero: Testimonianza di fede e di giustizia sociale. Edizioni Salesiane.
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Gutiérrez, G. (2006). Teologia della liberazione: Storia e pratica. Paoline.
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Higgins, J. (2011). Oscar Romero: The Voice of the Voiceless. University of California Press.
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Hernandez, M. (1995). La Chiesa e la repressione in El Salvador. Journal of Latin American Studies.
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Pineda, L. (1998). La Chiesa e i diritti umani in El Salvador: Un’analisi delle azioni di Oscar Romero. Edizioni Universitarie.
++Stefano