Il messaggio di Natale del nostro Arcivescovo Stefano
Gli episodi della nascita di Gesù, narrati nei Vangeli, costituiscono un metodo narrativo biblico chiamato midrash, termine che deriva dal verbo darash (riflettere, interpretare). In questo contesto scopriamo che ogni dettaglio dei racconti dell’infanzia è un invito a contemplare più attentamente la saggezza divina. Siamo chiamati a scavare nelle profondità delle Scritture, alla ricerca di significati più ampi e di connessioni più profonde. In questo spirito di ricerca e approfondimento, riflettiamo sulla fratellanza e sororità insegnate da Gesù stesso. Egli ci ha chiamati a considerarci fratelli e sorelle, indipendentemente dalle nostre diversità che nella storia dell’umanità sono sempre state motivo di discriminazioni ed emarginazioni e che oggi dobbiamo riscoprire come unicità. Questo messaggio di unità e amore fraterno ci invita a superare le differenze, a coltivare l'empatia e a vivere secondo il comando supremo dell'amore, dell’uguaglianza e della libertà. Il Natale ci offre l'opportunità di mettere in pratica questi insegnamenti, di tendere la mano a chi è nel bisogno, di condividere la gioia con chi è triste e di praticare la gentilezza in ogni momento. In un mondo spesso segnato dalla divisione, possiamo incarnare la fratellanza e la sororità insegnate da Cristo, diventando agenti di cambiamento e portatori di speranza.
Quest’anno vorrei porre l’attenzione al prologo giovanneo che ci offre una prospettiva profonda sulla venuta di Gesù nel mondo. In esso scopriamo che la Parola si è fatta carne e ha dimorato in mezzo a noi. Quest’incarnazione non è solo un evento storico, ma un mistero divino che ci avvicina al cuore misericordioso di Dio. La luce del Verbo, che ha rischiarato le tenebre, continua a risplendere nelle nostre vite, guidando lungo il cammino che ci conduce a mettere in pratica le beatitudini nella nostra società. È un inno di lode, una sinfonia di verità che ci invita a contemplare il mistero dell'Incarnazione con occhi rinnovati. Un inno scritto da una comunità giovannea, influenzata dal pensiero ellenistico, che annuncia il Figlio dell’uomo con un linguaggio complesso per la società di oggi. Una pericope che rischia di darci solo una visione astratta di Dio allontanandoci dalla figura storica di Gesù di Nazareth.
Prima di scrivere questo messaggio mi sono immerso totalmente in questa musica poetica che la comunità giovannea ha voluto donarci. Le parole profonde e potenti "Nel principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio" (Gv 1,1) trascendono il tempo e lo spazio, portandoci all'inizio stesso della creazione. Il Verbo, la Parola eterna di Dio, la manifestazione stessa nella debolezza umana in ogni tempo e luogo. Gesù è il logos che si fa carne, nervi, ossa e sangue, una Parola che esisteva sin dagli inizi. Se ci facciamo caso sono le stesse parole con cui inizia Genesi, ma che ci fanno vedere un nuovo Dio, visto alla luce della Risurrezione. Non un Dio che crea il mondo “camminando alla brezza del giorno”, ma un Dio che nel mistero genera in sé l’umanità che si fa Parola e che non solo crea, ma rinnova ogni essere umano ogni giorno. Il concetto inerente la “manifestazione divina” era già usato dalla cultura greca prima della nascita di Gesù, cosa che invece tardò ad arrivare nel mondo ebraico. La parola ebraica davàr che si trova nelle Scritture subisce una personificazione che indica l’azione del Dio che entra nella storia del mondo e si fa vicino all’uomo. Non facciamoci però l’idea di un Dio intoccabile la cui irruzione nell’umanità esclude uomini e donne a collaborare e farsi partecipi di questa creazione rendendosi al tempo stesso responsabili. Gesù è il creatore di vita che ha plasmato l’umanità con amore e saggezza, la nuova Alleanza per il popolo eletto, la luce annunziata dal Battista e che ha sconfitto le tenebre che ancora oggi possiamo scorgere nei nostri cuori e in quello degli altri.
Il mistero natalizio e la novità di questo nuovo inizio viene espressa con un bel versetto che ripetiamo spesso a memoria senza riflettere sul suo significato. "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14): Dio stesso si è voluto fare essere umano condividendo la nostra umanità. Gesù non era un uomo che si è fatto Dio allontanandosi dalla società della sua epoca, da quegli stessi uomini e da quelle stesse donne che proprio egli ha incontrato sulle sue strade. Il mio invito è quello di rimanere saldi nella fede di Gesù, in quella nel “Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe”. Rimaniamo saldi in quel credo che gli apostoli, i discepoli e le discepole, hanno professato e reso testimonianza con la loro vita, tramandandolo fino a noi attraverso persone semplici e miti.
Vi esorto, non auguriamoci più quel “Buon Natale”, svuotato di ogni significato e di amore, non ha più significato in una società come la nostra che lo pronuncia per abitudine in un tempo di memoria che abbiamo sostituito con il tempo dei dolciumi e del mero commercio. Non andiamo più ad assistere alla consueta “messa di Natale”, senza impegnarci a vivere concretamente e attivamente con gioia il vero senso del Natale. Il Natale è un impegno che si rinnova ogni anno e in esso dobbiamo metterci la faccia. Accorgiamoci delle grida silenziose e disperate del nostro prossimo che ci devono svegliare e turbare la coscienza, apriamo le orecchie del cuore. Ora è tempo di abbassare lo sguardo verso quel bambino così indifeso, adagiato in una mangiatoia di paglia, nell’umiltà e nella miseria della società del suo tempo, per abbassare il velo della nostra cecità e raccogliere la speranza in un futuro migliore. Impariamo da quel Gesù e dalle sue parole a creare e donare vita, accendiamo nel nostro intimo, spogliato dalle cose superflue, il desiderio sempre più vivo di camminare seguendo la stella di Betlemme che ci indica il cammino. E così come i Magi e i pastori, accogliamo la novità e rinnoviamo la nostra vita. Spalanchiamo e predisponiamo il nostro animo ad accogliere il Signore degli ultimi, attraverso la condivisione e il servizio di amore, scorgendo in loro la presenza di quel bambino che ha bisogno di cure. Solo così potremmo essere felici di aver dato vita e donato speranza, facendoci Parola del Dio vivente. La testimonianza giovannea sia per noi il richiamo a credere, accogliere e vivere quella luce di trasformazione per essere a nostra volta luce per illuminare le tenebre della nostra società. Questo è un nuovo inizio per rinascere e prendere in mano la nostra vita conformandola al messaggio evangelico.
Il mio augurio è quello di farci illuminare i cuori dalla luce del Bambino in fasce, facendoci testimoni della bellezza dell'Amore, e accorgendoci di quel Dio che si manifesta nella debolezza umana, in quel fratello e in quella sorella della porta accanto, e portando quel messaggio di speranza, pace e amore a chiunque incontriamo sulla nostra strada. Doniamoci vita facendoci luce, e augurandoci un buon cammino!
Con affetto di padre e fratello vi benedico di cuore,
++Stefano
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