XII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B
Commento a Mc 4, 35-41: Perché avete paura? Non avete ancora fede?
La pericope di Mc 4, 35-41, che racconta della tempesta sedata da Gesù, è un potente esempio di fede e di affidamento a Dio nei momenti di difficoltà. Questo racconto non solo illustra la potenza miracolosa di Gesù, ma ci offre anche profonde lezioni spirituali applicabili alla nostra vita quotidiana. La scena del lago in tempesta richiama storie ben note nel contesto ebraico. La storia di Rabban Gamliel, che prega e calma un mare tempestoso, e la storia di Giona, che dorme durante una tempesta, sono paralleli significativi. Entrambe le storie evidenziano il potere della preghiera e la fiducia in Dio per superare le forze della natura e le difficoltà. Quando Gesù intima al mare di "tacere" e "ammutolirsi", si confronta con le forze naturali negative, spesso associate ai demoni. Questo gesto mostra il dominio di Gesù non solo sulle forze fisiche, ma anche su quelle spirituali che possono tormentare l'uomo. La tempesta diventa una metafora delle nostre paure e delle nostre ansie, che possono essere dominate e calmate attraverso la fede. Il momento della tempesta coincide con il tramonto, un momento che simboleggia l'incertezza e la paura dell'ignoto. I discepoli, pescatori esperti, probabilmente avevano già vissuto esperienze simili, ma questa volta la presenza di Gesù cambia tutto. Questo riflette le nostre vite, dove alterniamo momenti di serenità e felicità con momenti di angoscia e paura. La reazione dei discepoli, che svegliano Gesù con preoccupazione, rappresenta la nostra tendenza a protestare con Dio nei momenti di difficoltà, accusandolo di "dormire". Ma Gesù, con calma, ci invita a non avere paura e a mantenere la fede. Questa è una lezione fondamentale: la nostra fede deve essere l'ancora che ci tiene saldi nelle tempeste della vita. La barca in cui si trovano i discepoli può essere vista come una metafora della nostra vita. La traversata del lago rappresenta il viaggio della nostra esistenza, con tutte le sue imprevedibili difficoltà e tempeste. Non possiamo evitare queste tempeste, ma possiamo imparare a gestirle. Spesso, cerchiamo di sfuggire alle nostre paure e ansie attraverso l'iperattivismo, ma questo non risolve il problema. Quando ci fermiamo, l'inquietudine riemerge. È essenziale non fuggire dalle tempeste interiori, ma imparare a gestirle. La fiducia in Dio ci permette di non lasciare che la paura diventi onnipotente nella nostra vita. L'insegnamento di Gesù in questa pericope è chiaro: dobbiamo avere fede. È questa fiducia in Dio che ci permette di placare le tempeste interiori e di attraversare indenni le difficoltà della vita. I pericoli possono essere improvvisi e imprevedibili, ma con la fede, possiamo raggiungere l'altra sponda del lago della vita, sani e salvi. Mc 4, 35-41 ci invita a riflettere sulla nostra fede e sul nostro rapporto con Dio nei momenti di difficoltà. La fiducia in Dio non elimina le tempeste dalla nostra vita, ma ci dà la forza e la calma per affrontarle. Gesù, che calma il mare tempestoso, ci insegna a riporre la nostra fiducia in Dio, sicuri che, con Lui, possiamo superare qualsiasi tempesta e trovare la pace interiore. Nella società odierna, dove l'incertezza e la paura possono emergere in molti ambiti della vita, questa lezione è ancora più rilevante. La fiducia in Dio può essere attualizzata nella nostra società attraverso un atteggiamento di preghiera costante, di riflessione interiore e di ricerca di pace nei momenti di caos. In un mondo frenetico e spesso dominato dall'ansia e dallo stress, trovare tempo per la meditazione e la preghiera può aiutare a centrare il nostro spirito e a rinforzare la nostra fede. Affidarsi a Dio significa anche agire con amore e compassione verso gli altri, creando un ambiente di supporto e comprensione che può contribuire a calmare le "tempeste" della vita moderna.
(Questo contenuto è di proprietà della Chiesa Vetero Cattolica Riformata)