Commento al Vangelo del giorno - Mc 13,33-37
Abbiamo già notato che le letture proposte negli ultimi giorni ci hanno invitato a mangiare costantemente gli occhi aperti. Oggi l'invito è ancora più ripetuto e ci esorta a non farci trovare addormentati.
Il capitolo di cui fa parte la pericope di oggi è un lungo discorso che ci indica un tempo che si avvia alla fine. Questo modus dicendi, nei secoli si è interpretato come un avvenimento catastrofico. Si è ormai concordi sul fatto che la comunità di Marco si riferisca a ciò che pensavano sulle origini e sul profetismo i seguaci di Gesù… basti pensare alla sottomissione di Gerusalemme all’impero romano. È evidente che la testimonianza di Marco è influenzata dalla situazione storica e dal “pensiero teologico” del tempo. Tutto ciò che era un fenomeno naturale veniva visto come una volontà divina. Vi era il pensiero comune che questi eventi fossero presagio di catastrofi imminenti. Ma questa era semplicemente la loro cultura apocalittica, dove gli eventi catastrofici venivano considerati come una punizione divina.
Purtroppo ogni generazione, anche quella nostra, continua a vedere nelle guerre, nelle catastrofi naturali e nelle pandemie, come lo è stato per il covid, un qualcosa di soprannaturale o derivato da Dio o ancora peggio dal maligno. Si pensa spesso alla fine del mondo. Chi si atteggia in questo modo si rivela un falso profeta che non ha capito nulla del messaggio evangelico. La comunità di Marco non vuole creare terrorismo psicologico, ma vuole esortare la comunità e tranquillizzarla: “Quanto a quel giorno o all’ora, nessuno ne sa niente, neppure gli angeli del cielo e neppure il figlio, se non il Padre”.
In questo tempo di avvento siamo invitati a vigilare e ad avere speranza.
Non mettiamoci con il calendario in mano per tirare a indovinare quando arriverà la fine del mondo. Sfruttiamo meglio il nostro tempo per comprendere se stiamo davvero facendo di tutto per non distruggere e salvaguardare questo paradiso terreno. È questo lo star attenti e vegliare, a essere degli osservatori vigili e attenti sia delle nostre azioni sia delle azioni degli altri. Solo così possiamo raddrizzare il tiro della nostra vita. Non scappiamo dalle nostre responsabilità, apriamo gli occhi e impegniamoci di più nel perseguire il messaggio evangelico. Esso ci invita a praticare la fratellanza, la giustizia, la pace, l'uguaglianza e la libertà.
La presenza di Dio sta nel calore del suo soffio vitale, in noi che siamo alla sua sequela. Ed è in noi che Dio fa nascere quel coraggio che ci serve a metterci sulla strada delle beatitudini. È nei cuori che possiamo vedere il Dio vicino e umano che ci invita a tenere gli occhi aperti quando ci addormentiamo di fronte alle nostre azioni e a quelle degli altri, agli avvenimenti nel mondo.
L’avvento è quel tempo in cui siamo chiamati a rivivere le nostre aspettative di Dio. È il tempo del tirarci su le maniche e poter prendere piena coscienza del nostro essere strumenti utili per la costruzione del Regno sulla terra.
Di fronte alle difficoltà tendiamo a fare come Elia e Giona che si sono rifugiati nel sonno e come i discepoli e le discepole che si sviliscono di fronte all’attesa e si addormentano per non vedere la realtà. Ci stiamo incamminando così per vivere al meglio la memoria del Natale. Stiamo aspettando la memoria del dono più grande fatto all’umanità. Gesù, fino alla fine ci spinge a vedere oltre, ad attivarci per il Regno, a sognare e lottare per i diritti di tutti e tutte.
Questo è anche il tempo del desiderio che alimentiamo di giorno in giorno. È proprio dove esiste ed è vivo il desiderio di un qualcosa di nuovo che si rivela un cammino. È l’attesa delle sentinelle che non vedono l'ora arrivi l’alba, è la speranza dei pastori che non vedono l'ora che finisca la notte tenebrosa e pericolosa, è il desiderio di riscatto delle donne e degli uomini oppressi per il loro riscatto sociale, è la voglia di chi soffre dentro e di chi spera in un mondo migliore. È il desiderio di un cambio radicale della vita. Questi hanno la certezza che la notte, per quanto lunga sia, deve prima o poi scansarsi e lasciare posto alla luce. Questa attesa è anche accoglienza del futuro, della novità. Purtroppo c'è tanta gente che non attende nulla e non spera più morendo così giorno dopo giorno.
Il Natale a cui ci prepariamo è la memoria di quel bambino, seme di quel Regno che il Padre-Madre pianta nella società per rinnovare l'alleanza, risvegliando nell'essere umano la consapevolezza di un tempo nuovo, sempre possibile. L'invito di questo avvento è quello di farci orientare da Dio verso il futuro e aver fede in una semina sempre nuova appassionandoci del possibile.
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