Commento al Vangelo del giorno Mt 22,34-40
Cari tutti,
Ci piacerebbe dialogare di teologia come ha fatto Gesù? Allora dobbiamo sempre mettere in conto la contesa con chi amare imporre ma non sa esporre, con chi parla riguardo Dio ma non sa parlare di Dio.
Così accadde nei Vangeli: spesso gli interlocutori del Maestro, religiosamente istruiti, si posero con arroganza non solo perché presumevano di sapere, ma perché distorcevano la verità per perorare la loro causa sentendosi minacciati da Gesù Cristo.
Accade ancora oggi: si fa uso della versettologia ogni qual volta che la parola evangelica mette in crisi salutare quanto sgradita, poiché malvolentieri lasciamo che Cristo ci provochi [“chiamare a favore”] per seguirlo davvero.
E Gesù si era inimicato la casta dei religiosi proprio per questo: ha demolito i loro ragionamenti ed ha smascherato la loro incoerenza, la quale produce solo ipocrisia (Marco 7:7; Matteo 15:6-8). Non viene discusso se la Legge sia lecita oppure no, bensì il criterio con cui essa viene interpretata ed applicata.
Qui l’amore ha peso eterno; dire di amare la Legge non giova a nulla se non dimostriamo di amare Dio ed il prossimo in nome di questa Legge. Tutta la Torà [la parola ebraica che indica la Legge] è dono di amore divino, che ogni persona è chiamata a realizzare. Ma se siamo ossessionati dalla Torà, allora non c’è spazio per il Vangelo. Sì, perché la Legge mi dice cosa fare, ma solo gli insegnamenti di Gesù dicono come devo fare. Attenzione, non sto dicendo che l’AT sia carente di spiegazioni ma diventano poveri tecnicismi se non sappiamo contestualizzarli nella prospettiva evangelica. È più facile non indossare i vestiti che contengono due materiali diversi (Deuteronomio 22:11) che perdonare ed amare i nemici (Matteo 5:44; Luca 6:27,35).
Il Vangelo non sostituisce la Legge ma la chiarisce, ampliandone in modo radicale il senso e la prassi.
Parlare della Torà è un affare di tutti al tempo di Gesù, siano essi amici o nemici. Senza la Torà verrebbe meno l’identità ebraica, perciò ci si chiede: “Gesù, tu cosa pensi? tu cosa insegni?”. Anche questa frase ricorre nei dialoghi tra persone di differenti denominazioni “A quale Chiesa appartieni? Hai fatto tale esperienza con Dio?”. Con quale indole rivolgiamo tali domande agli altri? Non sempre si parla per capire meglio chi ci sta davanti bensì per avere maggiori argomenti per condannarlo. La Bibbia non va mai usata per “schedare” religiosamente qualcuno e magari “buttarlo giù dalla torre” ma sia condivisa come cibo per l’anima, senza paura. Agire diversamente significa comportarsi proprio come i farisei che parlano a Gesù: vogliono provocarlo perché è riconosciuto Rabbi [Maestro] e non come semplice guaritore itinerante. Se Gesù avesse fatto del bene senza parlare bene, avrebbe rischiato poco ma Egli ha davvero fatto del bene ovunque andasse (Atti 10:38) perché ha predicato il bene, cioè il Vangelo del Regno.
La domanda dei farisei a Gesù lascia intendere che vi fosse una sorta di graduatoria tra i comandamenti utile in qualche modo a sentirsi “a posto” con Dio, finendo poi col vantarsi oltre modo rispetto ad altri (Luca 18:11-12). È indubbio che la religione sia importante per tante persone, ma appigliarsi alla Torà quant’è utile? Mai bearsi di chi siamo, ma gioiamo di Colui nel quale siamo.
Al Signore Gesù è chiesto quale sia il giusto modo di essere religiosi, ed Egli spiega che senza l’amore, la religione è annullata. Il più grande comandamento è amare Dio amando il prossimo. Questa cosa potrebbe disarmarci. Abbiamo pensato che si debba osservare il sabato per essere giusti, oppure che dobbiamo applicare tutti i precetti dell’AT onde riuscire ad essere approvati dal Signore. Una delle benedizioni del Vangelo è che esso non favorisce l’ansia da prestazione religiosa [“Devo fare così, dire così”, etc.] dimenticando che Gesù richiede misericordia e non sacrificio (Matteo 9:13). Persino la più bella liturgia, se è senza l’amore è disangelium [cattiva notizia] anziché Evangelium [buona notizia].
Gesù dice che la salvezza viene dai Giudei (Giovanni 4:22) ma non dal diventare tali! L’amore secondo Dio non si realizza lavandoci la coscienza con vistose opere religiose, ma applicando il Vangelo che è annunciato con convinzione nella potenza dello Spirito Santo (1 Tessalonicesi 1:5).
Pensando alla parola “comandamento”, a molti viene meno la gioia di credere. Costoro si domandano: “Ma Dio ha bisogno di imporre regole per farsi amare?”. Le cose non stanno così, poiché la Bibbia dice che L’Altissimo si relaziona [rivelandosi] per amore (1 Re 10:9; Isaia 54:8; Geremia 31:3) ma non con la costrizione. Chi costringe favorisce la paura, contraria all’amore (1 Giovanni 4:18). Solo chi si sente amato da Dio e Lo ama, osserva i comandamenti, che sono per il nostro bene (Deuteronomio 10:13).
Dire che la Legge è necessaria per seguire Cristo è sensato come dire a chi non ha problemi alle gambe ma ha paura di cadere, di fare uso delle stampelle “per sentirsi più sicuro”. La fede non ha più bisogno di stampelle se è radicata in Gesù. Dobbiamo amare la Legge di Dio (Salmo 17) non per ottenere i suoi favori, ma perché riconosciamo che Egli ci provvede largamente ogni benignità.
Le persone sono incapaci di osservare la Legge, non per un errore di valutazione di Dio nel dirci di far qualcosa (Deuteronomio 30:11) ma perché la funzione della Legge è di diagnosticare il problema senza però poterlo curare (Romani 3:20). Affermare il contrario è come dire che il medico può guarire con il solo uso dello stetoscopio. Mediante Gesù, il comandamento è adempiuto in noi (Romani 8:4). Gesù ci ha dato un esempio, un insegnamento ed il dono: lo Spirito Santo mediante il Quale siamo diventati idonei a compiere la volontà di Dio.
Vorrei concludere ricordando a noi tutti che la Legge non è solo ritualismo: la Bibbia ci esorta ad agire bene con i forestieri, i poveri ed i bisognosi (Esodo 22:20-26) con una corretta attitudine di persone guidate dall’amore di Dio, che è pietoso (v. 26). Nessun precetto biblico è vissuto come fuga dal mondo ma praticato per fuggire dallo spirito del mondo, contrario a Dio.
Amando, adempiamo la Legge (Romani 13:8). E chi ama è una persona di pace, di relazione e dunque di comunione fraterna.
Tutte cose di cui il mondo ha urgente bisogno, oggi più che mai. Amen
(Questo contenuto è di proprietà della Chiesa Vetero-Cattolica Riformata)