Comunicato di dissenso e condanna contro atti liturgici riparatori in risposta ai Pride

La Chiesa Vetero-Cattolica Riformata esprime il proprio dissenso e condanna fermamente i rosari di riparazione e le adorazioni eucaristiche organizzate da gruppi fondamentalisti cristiani e cattolici in risposta ai Pride. Il primo aspetto che ci vede discordi è la considerazione del Pride come una manifestazione in grado di offendere Dio, al punto da necessitare immediate e pubbliche opere di riparazione. La nostra posizione è esplicita: CREDIAMO che i Pride abbiano un senso particolare proprio in tempi come questi e non necessitino alcuna riparazione. Ci rendiamo conto che la Cristianità non abbia una posizione univoca nei confronti della comunità LGBT+ ma l’idea di “placare l’ira di Dio causata dal Pride” con preghiere ci appare eccessiva. Da questo primo punto, discende il secondo: Quale immagine di Dio è sottesa a certe azioni? Fatichiamo a credere in un Dio che non si offende a causa delle guerre, a causa dello sfruttamento del creato e a causa delle ingiustizie che segnano il nostro tempo, ma che si adira per ciò che riguarda solo e soltanto la sfera affettiva e sessuale delle persone e la libertà e l'uguaglianza di tutti e tutte. Non è possibile parlare di un Dio di amore e poi presentarlo come iracondo, violento e vendicativo. Da decenni, ormai, alcuni veggenti affermano di portare messaggi da Maria all’umanità che si pongono proprio in questa direzione: Gesù è arrabbiato e occorre fare qualcosa per calmarlo. Un contesto spirituale così malsano e patologico non può che generare odio, paura, risentimenti. È ciò che Elizabeth Johnson definisce “il culto del giustiziere” nel suo libro “Alla ricerca del Dio vivente”. Quando i gruppi che propongono queste manifestazioni sono cattolici-romani, non possiamo non osservare quale messaggio giunga dalla comunità cristiana numericamente maggioritaria in Italia, nonostante le voci che da anni parlano di un vento di cambiamento.

Crediamo che anni di “pericolo gender” abbiano peggiorato il clima sociale, individuando nella comunità LGBTQI+ un facile bersaglio. Crediamo anche che messaggi continuamente contrastanti e ambigui non possano giovare alla comunità. L’accoglienza non è tale, ma mera tolleranza se fatta con l’implicita idea che la persona LGBTQI+ debba vivere nel nascondimento, nella vergogna e nella castità. L’accoglienza può scaturire dal riconoscere la bontà e la bellezza della vita dell’altro e promuovendo una teologia del corpo e della sessualità sana, liberante e vivificante.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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