Formazione e seminario
Quando, all'interno di un percorso vocazionale, si parla di Sacramento dell'Ordine, le questioni legate alla formazione e al seminario diventano cruciali.
In un post pregresso abbiamo parlato di come sia inteso il seminario nella nostra realtà, come un tempo e come un luogo. Oggi tratteremo brevemente alcuni aspetti che ci stanno a cuore relativi alla formazione.
Seminario e formazione sono parzialmente indipendenti: se il seminario ha un inizio, un decorso di alcuni anni ed una fine, la formazione ha un inizio ma una fine molto più sfumata, corrispondente al declino delle capacità cognitive dell'individuo.
Il seminario conduce i candidati e le candidate al sacramento dell'Ordine, la formazione è uno stato permanente della persona che ha ricevuto l'Ordinazione o ha assunto la responsabilità di una comunità, ruolo che può essere ricoperto anche dai laici.
La formazione richiesta per il ministero ordinato non coincide con la formazione necessaria a sostenere un esame all'Università o una conversazione dotta ma rappresenta un nutrimento per la mente e lo spirito del ministro, affinché lo guidi e lo orienti nella sua dimensione pastorale.
Per questo motivo, rifiutiamo due tendenze, opposte e speculari, espressione di una posizione interiore che non ci trova concordi:
- la formazione come un percorso a ostacoli dove le richieste di studio sono oltre il limite dell'assurdo. Noi stessi abbiamo visto programmi con più di 40 corsi.
- la formazione come un cammino di progressiva conformazione ai desiderata del vescovo o della vescova, senza lo sviluppo di alcuna identità personale o capacità di pensiero critico individuale.
Entrambe le proposte partono da una base non condivisibile : il vescovo (o la vescova) come colui (o colei) che legge la mente di Dio e decide arbitrariamente del cammino di chi si affida a lui o lei.
Nel primo caso, prospettando un cammino arido, tortuoso, inutilmente lungo e complesso, al limite della presa in giro e volto evidentemente ad allontanare.
Nel secondo caso, tenendo con sé individui che, in un contesto scolastico, si sarebbero guadagnati il nomignolo dispregiativo di "lecchini".
Sicuramente, la coesistenza di entrambe le due posizioni nella stessa realtà e ad opera di un singolo vescovo / vescova / rettore di seminario rappresenta il peggiore dei quadri possibili.
Alla luce dei colloqui svolti nei mesi di maggio e giugno, riteniamo importante dire che il nostro seminario interno non funziona così.
Con due gestioni distinte per chi proviene dall'Italia e per chi proviene dal resto del mondo, il percorso di studio è caratterizzato dalla chiarezza dei tempi e degli step fin dall'inizio.
Il seminario si occupa di fornire le basi, pur offrendo esperienze di apprendimento più "avanzate". Inoltre, desidera essere una comunità che apprende e non la caricatura dell'ambiente accademico.
Se, da un lato, cerchiamo di agire per il meglio, quando si tratta di accogliere persone che provengono da altre realtà non possiamo non riconoscere i pattern dai quali abbiamo scelto
di discostarci. Per questo, alla luce dei colloqui avuti in questi mesi, abbiamo strutturato una segreteria che possa gestire con prontezza e delicatezza queste situazioni.