II DOMENICA DI AVVENTO - ANNO C
Commento al Vangelo: Lc 3,1-6 - Una voce grida
Luca inizia il racconto collocando Giovanni Battista all'interno di una precisa cornice storica. Questo metodo, tipico anche di altri libri profetici dell’Antico Testamento, come Isaia, Geremia e Amos, serve a sottolineare l’autenticità della narrazione e il legame tra la dimensione spirituale e quella storica. Giovanni emerge in un periodo di dominazione romana, dove la Palestina era governata con pugno di ferro. Tiberio Cesare, imperatore dal 14 al 37 d.C., garantiva un ordine precario tramite figure come Ponzio Pilato, noto per la sua crudeltà, e i tetrarchi locali, come Erode e Filippo, spesso corrotti e manipolati dai romani. Anche sul fronte religioso, i sommi sacerdoti Anna e Caifa si distinguevano per intrighi e lotte di potere, dimostrando quanto la decadenza morale permeasse ogni ambito. In questo scenario, la comparsa di Giovanni rappresenta una rottura. La parola di Dio non sceglie i potenti, ma il deserto, luogo di silenzio e riflessione. Qui, lontano dai palazzi e dai templi, nasce un messaggio di speranza e di cambiamento, destinato a scuotere le fondamenta della società.
Il deserto, nella tradizione biblica, non è solo un luogo fisico, ma un simbolo potente. È il luogo dell’essenzialità, dove le distrazioni mondane scompaiono e l’uomo si confronta con la propria fragilità e con Dio. Per Giovanni, il deserto diventa il teatro della sua missione. Come testimoniano i Vangeli, il suo stile di vita rispecchia questa semplicità: “Portava un vestito di peli di cammello, una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico” (Mc 1,6; Mt 3,4). La scelta del deserto non è casuale, ma rappresenta un richiamo alla purificazione interiore e all’incontro diretto con il divino. Nel deserto, l’uomo è spogliato di ogni sicurezza materiale e si trova faccia a faccia con le proprie debolezze, ma anche con la possibilità di una rinascita. Per Giovanni, questa condizione diventa il punto di partenza per una nuova alleanza con Dio. Il messaggio di Giovanni è chiaro: la vera trasformazione non avviene nei centri di potere, ma nel cuore dell’uomo. Questo è anche il significato del suo battesimo, un rito innovativo che supera le tradizionali abluzioni ebraiche. L’immersione nelle acque del Giordano simboleggia un cambiamento interiore profondo, un atto di pentimento e una nuova apertura alla grazia divina. Giovanni predica per i poveri, per i peccatori, per coloro che sono emarginati dalla società, dimostrando che il perdono e la rinascita sono accessibili a tutti.
Il messaggio di Giovanni non si limita a un invito alla conversione personale, ma esorta a produrre “opere degne della conversione” (Luca 3,8). Giovanni avverte che non basta appartenere a una tradizione religiosa per essere salvi: “Non cominciate a dire in voi stessi: ‘Abbiamo Abramo per padre!’ Perché io vi dico che Dio può far nascere figli ad Abramo anche da queste pietre”. Questo richiamo alla responsabilità individuale è sorprendentemente moderno. L’idea che non siano le etichette religiose o sociali a definire una persona, ma le sue azioni e il suo comportamento, è un principio universale che attraversa i secoli. Giovanni non teme di sfidare le autorità religiose del tempo, indicando che la vera fede non si misura con l’adesione a riti vuoti, ma con l’impegno concreto verso il bene comune.
Un altro punto cruciale della predicazione di Giovanni è la promessa di salvezza universale. Quando Luca cita Isaia (“Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio”), apre la porta a una visione inclusiva, che supera i confini del popolo di Israele. Isaia aveva annunciato la fine della schiavitù babilonese come un nuovo esodo, una liberazione fisica e spirituale. Giovanni, invece, preannuncia un’altra liberazione, quella che sarà portata da Gesù: un’emancipazione dal peccato e dalla paura, un cammino verso una vita piena di significato. Questa promessa di salvezza universale segna un passaggio fondamentale nella tradizione biblica: non è più limitata a un popolo eletto, ma si estende a tutta l’umanità. Gesù stesso raccoglierà l’eredità di Giovanni, ampliandone il messaggio. La salvezza, per Gesù, non è solo una questione di redenzione personale, ma riguarda anche la giustizia sociale, la condivisione dei beni e la costruzione di una comunità basata sull’amore reciproco. L’esodo verso una “terra promessa”, dunque, assume un significato universale e senza tempo: è la lotta per una società più giusta e solidale, sostenuta dalla fiducia in Dio.
Il messaggio di Giovanni ci invita a riflettere sul nostro stile di vita. In un mondo spesso dominato dal consumismo e dall’individualismo, la sua chiamata all’essenzialità e alla giustizia risuona con forza. L’invito a immergersi simbolicamente nelle acque del Giordano significa lasciarsi alle spalle l’egoismo, la superficialità e il desiderio di potere. Significa riconoscere i propri limiti e aprirsi agli altri, praticando l’accoglienza e la solidarietà. Anche oggi, come allora, la Parola non si manifesta nei palazzi o nei templi fastosi, ma nei luoghi di solitudine, di silenzio, nella natura e nella vita quotidiana. Riconoscere i segni della presenza divina richiede un atteggiamento di ascolto e umiltà. Ogni incontro, ogni occasione è un potenziale richiamo a superare i nostri limiti e ad abbracciare una vita più autentica. La chiamata di Giovanni, così radicale e controcorrente, ci sfida a ripensare le nostre priorità. Nel caos del mondo moderno, il suo invito a “raddrizzare i sentieri” assume un significato ancora più pressante: non si tratta solo di un cambiamento individuale, ma di un rinnovamento collettivo, necessario per costruire una società più equa e compassionevole.
La figura di Giovanni Battista e il suo messaggio continuano a ispirare il nostro mondo. La sua voce, che gridava nel deserto duemila anni fa, parla ancora oggi a chi è disposto ad ascoltare. Ci invita a raddrizzare i nostri sentieri, a spianare gli ostacoli interiori e a preparare il nostro cuore per accogliere la salvezza. La vera conversione, infatti, non è un atto esteriore, ma un processo profondo che coinvolge ogni aspetto della nostra esistenza. La promessa di “vedere la salvezza di Dio” non è solo una speranza futura, ma una realtà accessibile qui e ora. Sta a noi accogliere questa chiamata, lasciandoci trasformare dall’amore e dalla giustizia, e contribuendo a costruire un mondo più umano e solidale. Solo così possiamo diventare, come Giovanni, voci che gridano nel deserto, richiamando alla verità e alla bellezza di una vita vissuta in pienezza e armonia.
(Questo contenuto è di proprietà della Chiesa Vetero-Cattolica Riformata)