XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B
Commento a Mc 6,7-13: Il Cammino dei Discepoli

Il brano di Marco 6,7-13 rappresenta un passaggio cruciale nel ministero di Gesù e nel modo in cui Egli forma i suoi discepoli per la missione. In questa sezione del Vangelo, Gesù è costantemente in cammino, e anche i discepoli sono chiamati a muoversi, a intraprendere un viaggio fisico e spirituale che li porterà a diffondere il messaggio del Regno di Dio. L'invio dei "Dodici" a due a due non è solo una prassi missionaria, ma assume una valenza simbolica profonda. Il numero due, in questo contesto, è significativo perché rafforza l'importanza della testimonianza e della comunità nella diffusione della Parola. Andare in coppia implica una forma di sostegno reciproco, un modo per condividere non solo il peso della missione ma anche le gioie e le difficoltà del cammino.

Le istruzioni che Gesù dà ai suoi discepoli riguardo all'equipaggiamento mettono in evidenza un aspetto fondamentale del messaggio evangelico: la sobrietà e la fiducia totale in Dio. Gesù proibisce di portare con sé molte cose, consentendo solo l'indispensabile. Questa scelta non è casuale; essa rappresenta un invito a dipendere esclusivamente dalla provvidenza divina e a vivere in una forma di povertà che garantisce l'autenticità della predicazione. In Marco, a differenza di Matteo e Luca, è permesso portare un bastone e dei sandali, ma questa concessione non diminuisce l'importanza della semplicità e della sobrietà che devono caratterizzare la vita del missionario. L'annuncio del Regno di Dio deve essere accompagnato da una vita che ne rispecchi i valori, e una vita sobria, libera dagli attaccamenti materiali, è il segno più evidente di una fiducia totale in Dio.

Il comando di Gesù di rimanere nella casa che accoglie il missionario ha un valore strategico e simbolico. L'accoglienza da parte di una casa implica che i suoi abitanti hanno accettato il messaggio evangelico, e questa casa diventa quindi un punto di partenza per la diffusione del Vangelo in quella comunità. Questo invito a restare nella stessa casa non è solo una questione di convenienza, ma è un segno di rispetto per l'ospitalità ricevuta e un modo per evitare il rischio di cercare condizioni di vita più comode o vantaggi personali. Inoltre, rimanere nella casa che ha accolto il messaggio permette di consolidare i legami con quella comunità, facilitando la fondazione di una nuova comunità cristiana. La casa diventa così non solo un luogo di riposo, ma il centro di una nuova rete di relazioni basate sul Vangelo.

Un altro aspetto rilevante di questo brano è l'istruzione di scuotere la polvere dai piedi nel caso di rifiuto del messaggio. Questo gesto simbolico ha radici profonde nella cultura giudaica e rappresenta la fine di una relazione, un segno di distacco e di condanna di chi rifiuta il messaggio di salvezza. Scuotere i sandali equivale a trattare quel luogo come una terra pagana, considerata impura. Per Marco, il rifiuto degli inviati di Gesù equivale al rifiuto del messaggio stesso del Regno di Dio, un atto che ha conseguenze gravi perché priva quella comunità della possibilità di salvezza. Tuttavia, l'invito di Gesù ai discepoli è chiaro: non devono scoraggiarsi di fronte al rifiuto o all'insuccesso. Devono proseguire il loro cammino, consapevoli che la missione non dipende dai risultati immediati ma dalla fedeltà al compito ricevuto.

L'invio a due a due, dunque, non è un semplice dettaglio organizzativo, ma riflette una visione profonda della missione cristiana. Andare insieme significa condividere, confrontarsi, e sostenersi a vicenda. La relazione tra i due inviati è fondamentale per la riuscita della missione, perché permette di affrontare insieme le difficoltà e di arricchirsi reciprocamente. Questo modello di missione in coppia suggerisce che la solitudine non è l'ideale per chi vuole seguire Gesù. Al contrario, il cammino in due riflette la dimensione comunitaria del cristianesimo, dove la fede si vive e si trasmette attraverso le relazioni. È un invito a non cercare il successo personale, ma a mettere al centro la cooperazione e la condivisione. Nella cultura contemporanea, spesso caratterizzata dalla competizione e dall'individualismo, questo messaggio appare particolarmente rivoluzionario. La tentazione di cercare il successo individuale può portare al fallimento, mentre la vera guarigione e liberazione si ottengono nella condivisione e nella cura reciproca, come dimostrato dall'efficacia della missione dei discepoli che "cacciavano molti demoni e ungevano molti malati con olio e li guarivano".

Gesù stesso, come i Vangeli ci raccontano, è un uomo sempre in movimento. Il suo continuo camminare rappresenta non solo una necessità pratica, ma anche un simbolo della sua missione. Gesù non è mai legato a un luogo specifico, non è prigioniero di una fortezza o di un'istituzione; la sua missione lo porta sempre a incontrare nuove persone, a superare i confini e a rompere le barriere culturali e religiose. In questo movimento continuo, Gesù ci insegna che la missione cristiana non può essere statica. Non si può incontrare l'altro se non si è disposti a muoversi verso di lui, ad andare incontro all'altro con un cuore aperto e pronto all'incontro. Questo movimento è sia esteriore che interiore. È un cammino di crescita spirituale che ci porta a guardare verso "il cielo" e a guardarsi dentro, lasciandosi trasformare dall'incontro con l'altro. È nell'incontro con l'altro che riceviamo stimoli e sollecitazioni che impediscono al nostro cuore di inaridirsi. L'incontro con l'altro, che spesso ci sfida e ci interpella, è ciò che ci impedisce di chiudere gli occhi e le orecchie di fronte alle sofferenze del mondo.

Il messaggio che i discepoli e le discepole sono chiamati a portare è la "lieta novella", l'annuncio del Regno di Dio che si avvicina. Questo annuncio, come suggerisce il commento, non è un insieme di regole già stabilite o di giudizi morali precostituiti. Al contrario, è un messaggio che guarda al nuovo, all'umano, e alla possibilità di creare qualcosa di felice in ogni contesto. Gesù non impone dogmi o regole assolute, ma invita ciascuno a scoprire la bellezza e la novità che può nascere dall'incontro con Dio e con gli altri. L'amore, incarnato da Gesù e vissuto nelle relazioni quotidiane, è la vera presenza di Dio nel mondo. Questo amore è talmente rivoluzionario che spesso viene rifiutato, perché il mondo continua a essere dominato da logiche di potere, dominio e sopraffazione. Tuttavia, chi scopre questo amore non può più tornare indietro. È un amore che trasforma e che dà senso alla vita, e chi lo vive è chiamato a condividerlo con gli altri, a continuare il cammino iniziato da Gesù.

In conclusione, il brano di Marco 6,7-13 ci offre una profonda riflessione su cosa significhi essere discepoli di Gesù. È un invito a mettersi in cammino, a vivere una missione che non è solo personale, ma comunitaria, caratterizzata dalla sobrietà, dalla fiducia in Dio, e dalla volontà di incontrare l'altro con un cuore aperto. La missione cristiana, come ci insegna questo brano, è un'opera di guarigione e liberazione che si realizza nella condivisione, nella relazione reciproca, e nella disponibilità a essere trasformati dall'incontro con l'altro. Nonostante le difficoltà e i rifiuti che possono sorgere lungo il cammino, l'annuncio del Regno di Dio rimane una chiamata irresistibile che può trasformare il mondo e dare un senso profondo alla nostra vita. Questo è il messaggio che i discepoli e le discepole sono chiamati a portare, e che noi, oggi, siamo chiamati a vivere con coerenza, semplicità e pazienza.

(Questo contenuto è di proprietà della Chiesa Vetero Cattolica Riformata)


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