PENTECOSTE - SOLENNITÀ - ANNO B
Commento al Vangelo: Gv 15,26-27;16,12-15 - Il vento di Dio

Il racconto affascinante del secondo capitolo degli Atti degli Apostoli offre una riflessione profonda e illuminante. In mezzo a persecuzioni, sfide e difficoltà, il movimento di Gesù cresce e si diffonde al di là di Gerusalemme, ampliando la sua portata. Quegli stessi uomini che erano fuggiti durante la passione e la morte di Gesù ora diventano coraggiosi annunciatori e testimoni di quel profeta che era stato crocifisso. Anche di fronte alla minaccia del carcere, essi proclamano con chiarezza che Dio ha risuscitato Gesù, nonostante il tentativo dei potenti di eliminarlo.

Il racconto degli Atti diventa sempre più coinvolgente man mano che si procede nella lettura. Il messaggio di Gesù si espande attraverso il mondo: Gerusalemme, Antiochia, Listri, Derbe, Tessalonica, Berca, Corinto, Efeso… In mezzo a conversioni, sfide e defezioni, si formano piccole comunità in cui uomini e donne iniziano a seguire la "via" di Gesù.

Luca scrive verso gli anni '80, quando questi eventi erano già in pieno svolgimento. Le comunità cristiane di allora vivono un mix di lingue, culture e esperienze di condivisione. Nelle pagine degli Atti, Luca non solo racconta la "storia passata", ma si rivolge anche alla sua generazione di cristiani, ormai privi dei discepoli originari e con un entusiasmo che potrebbe essersi affievolito.

La comunità riconosce che Gesù è tornato al Padre e non è più fisicamente presente con i discepoli. In questo contesto, è facile perdersi nella delusione e nella paura. La transizione dal "chiuso" al "aperto", dalla paura alla predicazione pubblica, non avviene semplicemente grazie a una crescente consapevolezza del gruppo o a un risveglio eroico tra i discepoli.

L’immagine del “rumore proveniente dal cielo” e del vento impetuoso che riempie la casa è molto potente e chiara: solo l'azione travolgente di Dio (simbolizzata dal “cielo”) che invade la casa e i cuori può produrre un cambiamento così radicale. Così le porte si aprono e ogni persona è segnata da una lingua di fuoco, una fiamma che si riaccende nel cuore.

Luca si chiede come sia stato possibile che pochi uomini e donne, senza grandi risorse o appoggi potenti, abbiano perseverato sulla via di Gesù. Inoltre, si chiede come sia possibile continuare questo cammino di fede che affronta tante sfide sia interne che esterne. La risposta che Luca offre riflette la fede della sua comunità: è stato e sarà possibile seguire Gesù se saremo guidati e sostenuti dalla forza, dal “vento” e dallo “spirito” di Dio.

Oggi, a 50 giorni dalla Pasqua, la comunità cristiana riflette su una tradizione che ha radici nella fede ebraica. Israele, 50 giorni dopo la festa di Pesach (che celebra la liberazione dalla schiavitù in Egitto), celebra Shavout, che è sia una festa delle primizie che il giorno in cui si ricorda la ricezione del Decalogo e l'accettazione della volontà di Dio. Israele vive nella libertà grazie al dono della volontà divina attraverso i “comandamenti”, le 10 parole dell'alleanza, che rappresentano “parole di vita” per chi sa riconoscerne il significato e la funzione.

La Pentecoste cristiana sottolinea che è possibile continuare un cammino di fedeltà a Dio e al messaggio di Gesù solo se ci affidiamo a questo “vento che viene dal cielo”, a queste “lingue di fuoco” che si posano su di noi. Questo rappresenta il “vento di Dio” e offre una visione dell’idea di “Spirito Santo”.

Non si tratta di considerare lo Spirito Santo come una terza persona della Trinità, ma piuttosto, come spiegano molti studiosi della Bibbia, Dio si manifesta come “paraclito”, ovvero “colui che è vicino”, che è nostro “difensore” e compagno nel viaggio della vita e della fede. I brani del Vangelo di Giovanni annunciano la promessa: se Gesù non è più con i suoi, Dio invia il Suo soffio vitale, un vento che guida verso la verità e non è lontano dai discepoli. In altre parti della Scrittura, Dio è descritto come “vento”, “forza” e “consolatore”, che guida verso la pienezza della verità e dell’amore.

Anche noi, oggi come singoli cristiani, per affrontare le sfide della realtà moderna, abbiamo bisogno di un vento impetuoso e travolgente “dal cielo”. Nel chiuso delle nostre dottrine e certezze, l’“aria di casa” può diventare stagnante. Un vento potente che soffi e distrugga qualche vetro, che disperda alcuni documenti e ci spinga a cercare Dio al di fuori delle nostre limitate visioni potrebbe essere molto benefico. Fortunatamente, contro il vento di Dio non ci sono serrature che possano resistere!

Ci chiediamo se possiamo veramente fare affidamento sul Vangelo non per la nostra abilità, ma perché Dio è fedele e guida gli uomini e le donne nei percorsi della vita. Crediamo che Dio possa soffiare dove vuole senza richiedere il nostro permesso, senza seguire le nostre mappe e senza essere limitato dalle nostre prigioni mentali? Siamo disposti a lasciarci “investire” dal vento di Dio e ad essere spinti verso nuovi spazi di vita e amore? Questa sarebbe la vera “Pentecoste” quotidiana.

La Pentecoste dimostra chiaramente la fedeltà di un Dio che non abbandona mai, ma presenta una richiesta radicale: è necessario abbandonare lo “spirito del mondo”, ovvero i venti dell’egoismo, della ricchezza e del potere. Sta a noi aprire le vele della nostra piccola imbarcazione al “vento di Dio”, fare affidamento sulla forza e sulla luce che provengono da Lui, poiché tutte le altre risorse, sebbene buone e positive, sono insufficienti a guidare la nostra vita verso la strada della vita e dell’amore che ha percorso Gesù, la strada del “Regno di Dio”.

Accettare questa “guida” significa riporre fiducia non nei mezzi potenti o nelle bussole umane, ma nella “forza” di Dio. Così, il viaggio diventa affascinante, i panorami si rinnovano, perché Gesù “ha ancora molte cose da dirci” (v. 12). Lo Spirito di Dio non si è ritirato dal mondo.

Come afferma il teologo Hans Küng: “Lo Spirito Santo non è nient’altro che Dio stesso! Dio stesso, nella misura in cui è vicino agli uomini e al mondo come la potenza e la forza che afferra, ma non può essere afferrata, che dona, ma della quale non si può mai disporre, che crea la vita, ma che giudica. Lo Spirito Santo, dunque, non è una cosa intermedia tra Dio e gli uomini, ma la vicinanza personale di Dio agli uomini. Lo Spirito di Dio non è mai una nostra proprietà, ma rimane sempre una forza, una potenza, un dono di Dio… Egli è sempre lo Spirito Santo di Dio che soffia dove e quando vuole. Nessuno – né vescovo né professore né parroco né laico – possiede lo Spirito. Ma ognuno può chiedere, senza mai stancarsi, che gli venga concesso”.

(Questo contenuto è di proprietà della Chiesa Vetero Cattolica Riformata)


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