Commento al Vangelo Lc 10,1-12

Il cap. 10 si apre con un ampio discorso missionario. Gesù individua 72 discepoli e li invia “a due a due avanti a sé in ogni città e luogo in cui stava per recarsi”. Capibile che il numero è simbolico, alcuni manoscritti infatti riportano 70. La comunità di Luca semplicemente fa risalire al tempo di Gesù quella voglia di fare missione, di mettersi alla sequela che sarà proprio degli anni di Paolo e dei successivi. Già in Genesi al capitolo 10 troviamo il numero delle nazioni pagane che è 70 nel testo ebraico e 72 in quello greco seguito molto probabilmente da Luca. Ma è importante questo numero? Questo è l’esplicito mandato di Gesù ad annunciare l’evangelo a tutti i popoli.
Sappiamo ormai da fonti storiche che Gesù non uscì mai dai confini della Palestina, ma era sicuro del suo intento, andando contro una religione focalizzata su leggi e regole umane, di puntare tutto sul vero comandamento dell’amore con il conseguente coinvolgimento e conversione di molti. Egli non ha mai pensato di fondare una comunità o una chiesa strutturata, neanche le prime comunità, testimoniate poi in Paolo o in Atti. Gesù e il suo gruppo annunciavano il Regno imminente e visibile nei villaggi della Galilea e della Giudea. In tal senso avevano “esperienza missionaria”, sapevano predicare perchè erano credibili, erano autentici. è il rovesciamento della famosa frase “il fine giustifica i mezzi” per l’instaurazione del Regno di Dio.
Fin dall’esordio Gesù chiarisce che non si tratta di una conquista ma di andare “come agnelli in mezzo ai lupi”. E lo dice a questi 70, numero simbolico che nella tradizione ebraica indica le 70 nazioni del mondo,  72 nel mondo greco per indicare l'universalità. Inviarli come agnelli in mezzo ai lupi, per i discepoli non è una scelta saggia del maestro e nemmeno così entusiasmante. E ancor di più li manda…. senza borsa, senza sacca, senza sandali..... Ma se ricordiamo queste parole sono state già pronunciate da Gesù quando ha dato il mandato ai 12: " Non prendete nulla per il viaggio: né bastoni, né sacca, né pane, né denari e non abbiate due tuniche ciascuno"( Luca 9, 3).

E quelli che si mettono veramente alla sequela di Cristo, sono coloro che annunciano il Regno come agnelli in mezzo ai lupi, ostacolati persino dai vescovoni dei palazzi  che sanno solo dar aria alla bocca come è successo a Verona in questi giorni nei confronti di p. Marco Campedelli. E non solo ci viene indicato di andare senza borsa, né bisaccia, né sandali, ovvero di oggetti inutili che ci distolgono dal nostro focus, dalla Parola, da ciò che stiamo facendo.
Se guardiamo la storia delle chiese, ci tocca fare un resoconto non tanto conforme al mandato evangelico. Nel mondo alcune chiese sono andate a predicare con i sovrani e i principi con le loro sfarzose carrozze, si sono mischiate e continuano a farlo per minare la laicità degli stati e come se non bastasse si sono fatti amici anche le dittature e i poteri politici… Altroché senza borsa: si sono fondati imperi finanziari e banche. È storia di secoli, ma non è ancora del tutto passata.
C'è modo e modo di andare per le strade di tutto il mondo... e l’invito di Gesù è quello di andare "incontro" alla società con umiltà, "sulle strade polverose dei villaggi", disponibili all'ascolto, all'incontro, al dialogo, all'apprendimento, cercando di sentire i palpiti dei cuori e di vedere i germi del regno di Dio ovunque essi compaiono. Questo è l'incontro che si fa attenzione, rispetto, proposta alle persone, senza nulla imporre, senza sentirsi i possessori dell'ultima parola.
A queste prime raccomandazioni ne seguono altre che riguardano il comportamento pratico da tenere, una specie di bon ton. Come comportarsi di fronte ad un rifiuto? Certo che abbiamo la possibilità di “mandare tutti a quel paese”… ma cosa si ottiene? E così ci viene indicato di iniziare con “Pace a questa casa”.
Occorre annunciare un messaggio semplice e radicale, rispettosi di chi è al nostro fianco, senza prevaricazioni (anche tra chiese che si credono di essere le padrone del mondo). E poi condividere con chi si incontra la convivialità nel rispetto profondo della diversità e delle strade, tantissime come le chiese (quelle serie e che si mettono alla sequela del Cristo) che sono espressione di Dio e che portano a Dio.
E cosa dobbiamo portarci nella sacca? Pace, amore, giustizia, rispetto, accoglienza, solidarietà, aiuto per chi è meno fortunato/a, condivisione, lotta contro le discriminazioni e le emarginazioni… con l’intento di usarle quotidianamente per un mondo diverso.
Cosa dovevano fare una volta accolti? Cose molto semplici: star vicino (curare) gli ammalati, quelli che sono ancora offuscati dalle inutilità e finzioni della loro vita e dire loro che il Regno di Dio è qui e ora, basta accorgersene e costruirlo insieme. E se veniamo ostacolati allora scuotiamo la polvere dai nostri piedi per poi attendere che prima o poi quelle persone si convertano seriamente.
E infine la domanda principale… come testimoniare ed annunciare la vicinanza di Dio alle persone?  Se i settantadue "tornarono pieni di gioia", privi di tutto il superfluo, Luca vuole consegnarci il testimone della testimonianza cristiana, la nostra fede vissuta in mezzo al mondo. E in più ci indica che noi discepoli in questa società abbiamo bisogno di fiducia in Dio. Se cerchiamo mezzi potenti, non crediamo nella forza e nella presenza liberatrice di Dio e del messaggio evangelico.
Questo è il nodo, la svolta, la conversione. Evidentemente alle spalle di queste parole esiste un preciso insegnamento del nazareno, ma il redattore del Vangelo probabilmente ha accentuato la radicalita' perche' gia' nella sua comunita' degli anni 90 si affacciava la tendenza a cercare appoggi tangibili, risorse umane rassicuranti, che garantissero un futuro.
Ancora oggi, come ai tempi dei primi discepoli, il nostro mondo, la nostra società ha bisogno di operai e operaie per costruire il Regno di Dio. Abbiamo bisogno di uomini e donne che si mettano seriamente alla sequela del Cristo e che siano profeti in un mondo che non conosce Dio, ma che è offuscato da riti, regole, dogmi, finzioni e che siano in grado di iniziare un cammino fatto di piccoli gesti quotidiani di fedeltà concreta al Vangelo.
Nessuno uomo, nessuna donna che cercano di essere oggi cristiani, si devono considerare esclusi da questo invito, tutti siamo invitati da Cristo, anche divorziati e risposati, anche persone lgbt, tutti nessuno escluso. Non è Dio che vi esclude, ma regole, dogmi, invenzioni di chiese che hanno paura di costruire il regno concreto che vuole Dio e si nascondono dietro a incensazioni, statue, madonne e rosari. L’invito di oggi è quindi di metterci seriamente in cammino e pregare Dio affinché possa suscitare in noi e negli altri il desiderio di un mondo più bello.

(Questo contenuto è di proprietà della Chiesa Vetero-Cattolica Riformata)


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