Predicazione del nostro Vescovo su Gv 20,19-31
La II domenica di Pasqua la chiamiamo comunemente in albis. Perché? Chi veniva battezzato la notte di Pasqua, deponevano l’abito bianco. Il segno della nuova vita ora doveva essere coerente nella vita quotidiana, di tutti i giorni. E i fatti dovevano essere quindi perseguiti con amore, giustizia e solidarietà.
Il luogo dell'ambientazione sicuramente è Gerusalemme, ci troviamo al calar della notte. I discepoli sono tutti rinchiusi nelle loro case e alcuni si trovano sulla strada di casa. Si parla e si discute di ciò che in quei giorni è successo. Le donne, prime annunciatrici della Risurezzione, parlavano incessantemente di aver visto Gesù risorto e di aver trovato la tomba vuota. In tutto ciò paura e l'ansia. E mentre si vive quotidianamente la comunità secondo le Beatitudini con le gioie e le preoccupazioni di tutti i giorni, Gesù si rende presente e cammina con loro.
Pace a voi… Con queste parole Gesù si fa presente ai discepoli e alle discepole che mai si sarebbero aspettati in questa modalità l'annuncio della pienezza della vita. Siamo a otto giorni dalla Pasqua e Gesù si fa presente e si fa riconoscere proprio con quel saluto ripetuto 2 volte... Se ci ricordiamo egli stesso diceva "in verità in verità vi dico". Un saluto ebraico, pieno di gioia e di pace. Lo stesso saluto che la comunità di Giovanni ci riporta: la pace che vi do, non Ve la darà nessun altro in questo mondo. Con questa dolcezza del linguaggio evangelico, Dio accoglie a braccia aperte. Questo è il soffio di vita di quel Dio umano che ci spinge ad andare avanti sulla strada delle Beatitudini mettendole in pratica quotidianamente nella nostra società. Prima che Gesù annunciasse la venuta dello Spirito, alita. Questo verbo ci riporta con la mente a quel soffio di vita che Dio emette per dare vita e tenere in vita l'essere umano. Gesù soffia su di loro ed ecco il vento leggero della presenza del Dio altro, del Dio diverso. Che bello l’annuncio dell'amore di un Dio che ci continua a dare vita! E a noi un mandato: quello di annunciare l'amore di un Dio che si fa servizio e amore e farci amore e servizio. Il messaggio che questo periodo pasquale ci dà è il mandato degli uomini e delle donne che hanno conosciuto e vivono nel putrido delle nostre città il Vangelo, profeti e annunciatori di una rinascita, di una vita nuova, spinti da quel soffio vitale di Dio che si fa vento di vittoria e amore.
Tommaso, uno di noi, uno come noi, il nostro gemello come l'etimologia del suo nome (Didimo, Tommaso). Non tutti sono presenti in quel luogo: manca uno di loro... proprio Tommaso. E come reagisce alla notizia? La comunità giovannea dipingendo Tommaso, illustra non solo lo scetticismo e l'incredulità della nostra società, vuole evidenziare la testardaggine di questo discepolo. Egli cerca la verità, è scosso, ha un trauma per la morte del suo maestro, di colui che Tutti credevano il Messia, il sovvertitore del potere del suo tempo. Ora ce l'ha di fronte. Com'è possibile? La stessa reazione che gli ateniesi ebbero quando Paolo annuncia la Risurrezione.
La verità per Tommaso è diventare conformi al messaggio evangelico. La necessità di "mettere" il famoso dito nella piaga è la necessità di unire l'umanità e la vita. E questa unione si rafforza nel cammino alla sequela della Parola e nel compimento del comandamento dell'amore. Così questo brano è l'anello di congiunzione tra i discepoli e le discepole, testimoni oculari della Risurrezione e noi che siamo chiamati a vivere il rinnovamento della nostra vita, anche mettendo in discussione la nostra fede. Tommaso non ha fiducia incondizionata, non crede così tanto per credere, non si sottomette a nulla e a nessuno, mette in discussione tutto. Tommaso è la nostra umanità quando non ci lasciamo coinvolgere dall'enfasi di una comunità, di una chiesa, e sa condividere nella sua comunità la vita. Non si può condividere vita, se non viviamo l'essenza della vita.
Tommaso ricerca la verità, la vita e la via per arrivare alla scoperta di Dio nell'essere umano, nel suo simile, nel creato. E anche noi dobbiamo giungere a questa consapevolezza di un Dio che si incarna nella debolezza umana. Tommaso è disposto a morire insieme a Gesù, quando prende in mano la sua vita, diventa coraggioso sfidando la morte e si conforma totalmente alla predicazione rivoluzionaria di Gesù. Quando siamo consapevoli di essere immagine di un Dio che cammina sulle strade che percorriamo, possiamo fare esperienza di comunità che condivide tutto, anche i timori di ogni giorno, la paura del domani. E così questo soffio di vita che solo la comunità, membra vive del Cristo, sa produrre, ti tocca il cuore e ti pervade l'anima. Solo vivendo questo si può dire come Tommaso “Signore mio, Dio mio” perché viviamo e vediamo già le mani e il corpo piagato del Cristo su queste strade: i corpi innocenti della guerra, di un mondo trucidato dalle follie umane, le prostitute, costrette a vivere per strada, i barboni che sono dimenticati dala nostra società e dalla politica dei nostri tempi, i bambini violati della loro innocenza da alcune chiese che non sanno come sfogare la loro rabbia repressa dalle proprie regole e le violenze inaudite di chiese che hanno sostenuto e sostengono le dittature.
Quando e quanto ci sentiamo Tommaso? Questa la domanda che ogni giorno dobbiamo farci. Sappiamo rispondere oggi, in questo istante?
E Gesù a Tommaso dice: “Felici quelli che pur non avendo visto crederanno!” Ci invita a farci coraggio, perchè possiamo aprire i nostri occhi e le orecchie del cuore con la consapevolezza di quel Dio umano che abita in noi. Com'è bello credere alle parole e alle promesse di un Dio che non delude mai, che non tradisce mai, che sin dall'inizio si è fatto servitore e amante dell'essere umano!
L'augurio di oggi è quello di usare la nostra intelligenza e mettere in discussione ogni giorno il significato della Risurrezione della nostra vita. Cosa vuol dire risorgere a vita nuova? Cosa vuol dire risorgere in una società come la nostra? Cosa vuol dire servire e farsi conformi all'insegnamento evangelico toccando le piaghe del Cristo di oggi?
+Stefano
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