II DOMENICA DI PASQUA - ANNO B
Commento al Vangelo: Gv 20,19-31 - Il Cammino di Tommaso

La II domenica di Pasqua la chiamiamo comunemente in albis. Perché? Chi veniva battezzato la notte di Pasqua, deponevano l’abito bianco. Il segno della nuova vita ora doveva essere coerente nella vita quotidiana, di tutti i giorni. E i fatti dovevano essere quindi perseguiti con amore, giustizia e solidarietà.

Il luogo dell'ambientazione sicuramente è Gerusalemme, ci troviamo al calar della notte. I discepoli sono tutti rinchiusi nelle loro case, alcuni si trovano sulla strada di casa. Si parla e si discute di ciò che in quei giorni è successo. Le donne parlavano incessantemente di aver visto Gesù, le prime annunciatrici della risurrezione, e poi il ritrovamento della tomba vuota, e poi la paura e l'ansia. E mentre si parla del quotidiano Gesù si rende presente. Cammina in mezzo a loro, entra nelle loro case. E dice:

Pace a voi… È il Risorto che si fa presente in modo inaspettato ed impensabile annunciando la pienezza della vita.

Gesù si fa presente, otto giorni dopo, si fa riconoscere proprio con quel saluto ripetuto 2 volte pace a voi. 2 volte proprio come quando diceva in verità in verità vi dico. Un saluto ebraico, di gioia e di pace. Lo stesso saluto che in Gv 14 Gesù aveva pronunciato al suo ultimo discorso, prima di affrontare la sua passione. la pace che vi do, non Ve la darà nessun altro in questo mondo.

è Dio che accoglie, è Dio che perdona. Ed è il soffio del Dio umano che ci spinge ad andare avanti nella sequela di Gesù sulle strade di tutti i giorni.

Prima di annunciare la venuta della Spirito santo, Gesù alita, il soffio di vita di Dio in Genesi che tiene in vita l'essere umano.

Gesù soffia su di loro. Ecco il vento della presenza del Dio delle Scritture. 

Che bello l’annuncio dell'amore di un Dio che ci continua a dare vita. E a noi un mandato: quello di annunciare l'amore di un Dio che si fa servo.

Il messaggio pasquale è il mandato degli uomini e delle donne che hanno conosciuto e vivono il messaggio evangelico a essere profeti, a essere annunciatori di una rinascita, di una vita nuova, spinti da quel soffio vitale di Dio, da quel vento di Dio.

E poi Tommaso, uno di noi. Tommaso siamo proprio noi. Analizziamo la parola Tommaso. Tommaso in aramaico ha il significato di gemello. Ma Tommaso viene anche chiamato Didimo che in greco vuol dire anch'esso gemello.

Non tutti sono presenti in quel luogo: manca uno di loro...Tommaso. 

E Tommaso come reagisce?

La comunità giovannea dipingendo Tommaso, dipinge non solo lo scetticismo e l'incredulità della nostra società, ma in fondo in fondo vuole fare vedere la testardaggine di Tommaso. Tommaso cerca la verità, è scosso dalla morte del suo maestro, di colui che Tutti lo credevano il Messia, il sovvertitore del potere del suo tempo. Ora ce l'ha di fronte. Se pensiamo Paolo dipinge anche molto bene questo sentimento, basta vedere la reazione degli ateniesi quando sentono parlare di resurrezione.

La verità per Tommaso è diventare conformi al messaggio evangelico. Quella necessità di mettere il famoso dito nella piaga è la necessità di unire la sua umanità con l'essenza di Gesù stesso. Tommaso siamo noi quando ci mettiamo non solo alla sequela di Cristo, e quindi della Parola, ma quando sappiamo portare a compimento nella nostra società il comandamento dell'amore e del servizio.

Questo racconto è un anello di congiunzione tra i discepoli che hanno visto Cristo Risorto e noi che non abbiamo vissuto quel momento fisicamente, ma che siamo capaci a vivere il rinnovamento della nostra vita giornalmente. Tommaso per principio non crede così per credere, non si sottomette ai dettami, ma mette in discussione tutto. Tommaso vive il limite di uomo che sa staccarsi dagli altri per non farsi coinvolgere dalle enfasi di una comunità e sa condividere la vita quando si è capito cos'è la risurrezione della vita. Non si può condividere la vita se non si è capita l'essenza della vita.

Tommaso è gemello fratello nostro e giunge alla fede con la criticità dell'uomo che ricerca la verità, la vita e la via per arrivare, anzi trovare Dio, nell'essere umano, nel suo simile, nel creato. Anche noi dobbiamo giungere a questa consapevolezza di un Dio che si incarna nell'essere umano.

Tommaso è gemello di Gesù, quando è disposto a morire insieme a Gesù, quando prende in mano la sua vita e diventa coraggioso sfidando la morte perché senza speranza, ma con un obiettivo: conformarsi totalmente in Cristo, nella predicazione rivoluzionaria di Gesù.

Quando si è entrati nella consapevolezza dell'essere noi immagine di un Dio che cammina sulle nostre strade, l'esperienza di comunità che condivide tutto, anche i timori di ogni giorno, la paura del domani, ti tocca il cuore e ti pervade l'anima, allora si può dire come Tommaso “Signore mio, Dio mio” perché vediamo già le mani e il corpo piagato del Cristo su queste strade. Il corpo degli innocenti di una guerra, il corpo di un mondo trucidato dalle follie umane.

Quando e quanto ci sentiamo Tommaso?

E Gesù a Tommaso dice: “Beati quelli che pur non avendo visto crederanno!” Coraggio, è possibile mettere in discussione ogni giorno la nostra fede, la consapevolezza e l'essenza di un Dio umano che abita in noi.  è bello credere alle parole e alle promesse di Dio che non delude mai, che non tradisce mai, che sin dall'inizio si è fatto servitore e amante dell'essere umano.

L'augurio di oggi è quello di usare la nostra intelligenza e la nostra capacità critica di mettere in discussione ogni giorno il significato della risurrezione della nostra vita. Cosa vuol dire risorgere a vita nuova? Cosa vuol dire risorgere in una società come la nostra? Cosa vuol dire servire e farsi conformi all'insegnamento evangelico toccando e facendo di tutto per toccare quelle piaghe del Cristo di oggi?

 

(Questo contenuto è di proprietà della Chiesa Vetero-Cattolica Riformata)


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