Commento al Vangelo Mc 1,29-39
Il tema conduttore della Parola che la Liturgia di oggi ci propone è la malattia. La pericope di Marco si apre con la guarigione della suocera di Pietro: una scena carica di tenerezza in cui questa vecchietta, felice di essere stata guarita da Gesù, si vuole sdebitare nel servizio – magari preparando al Maestro e alla sua gang un pasto ricco di manicaretti come solo una nonna può fare… Gesù invece non pretende nulla in cambio, al punto da isolarsi di buon mattino per pregare lontano dalla folla che lo voleva osannare, così da avere la certezza di non essere in alcun modo disturbato. In questo gesto riecheggia l’esortazione di Paolo che ci invita ad annunciare il Vangelo (in parole e in opere) nella gratuità di un servizio disinteressato da ricompense che non siano azioni di grazia per chi ascolta l’annuncio. Sintesi estrema: fa del bene, e non pretendere alcuna standing ovation. Gesù compie tre azioni: annuncia, guarisce e prega. Il salmo ci invita proprio a quest’ultima azione, memori del fatto che la preghiera non risana solo dalle innumerevoli malattie del corpo. Giobbe ce lo spiega con estrema chiarezza: lo schiavo anela all’ombra per ristorarsi dalla fatica del lavoro e il mercenario aspetta il suo salario. La vita è di base costituita dall’attesa, magari di un domani sempre migliore, ma non è così scontato che lo sia. Quanto è difficile quindi ringraziare il Signore nei momenti in cui tutto sembra non andare per il verso giusto, alla faccia del salmo! Il Vangelo di oggi sembra quasi invocare lo stoicismo di Seneca che insegna a vivere una vita virtuosa, senza affanni, e Giobbe sembra ricongiungersi a questo tema ricordandoci che la vita è un soffio. Se l’attesa viene ben gestita la vita non risulterà affatto breve, e quel soffio potrà essere la carezza di una lieve brezza che dona ristoro al prossimo stremato dalle fatiche della vita. Da lì, insieme, la gioia del rendimento di grazie per quanto è stato ricevuto e donato, perché la vera guarigione sia quella dall’indifferenza e dalla vanagloria e il nostro andare sempre di più altrove sia la testimonianza attiva del soffio attraverso il quale diamo testimonianza della gioia della sequela.
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